Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge costituisce la riproposizione di un testo elaborato nella scorsa legislatura (atto Camera n. 2641, Finocchiaro) e che intendiamo ripresentare sia perché riteniamo non più procrastinabile un intervento di riforma dell'ordinamento minorile e del processo civile minorile - anche alla luce della recente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale - sia perché non vogliamo che vada disperso l'impegno profuso su tali tematiche in questi anni.

      Resta fermo, nell'elaborazione della riforma, il quadro di princìpi e valori che, in approssimazione successiva e nei settanta anni trascorsi dall'istituzione dei tribunali minorili, ha composto l'insieme dei riferimenti - anche di fonte internazionale - cui ancora riteniamo di doverci attenere.
      Questo vale, in particolare, per l'assunzione della soggettività minorile come non assimilabile, per difetto di personalità, a quella dell'adulto, e questo tanto più oggi, epoca in cui la cultura scientifica che si occupa dei minori ci mostra la necessità di evitare ogni sbrigativa assimilazione, inidonea a lavorare sulla delicatissima e preziosa materia della vita e del destino di ciascun minorenne.
      Da questa premessa derivano, direttamente, la valorizzazione dell'esperienza specialistica dei magistrati minorili, togati e non, ed una più rigorosa determinazione degli ambiti della giurisdizione che è necessario restino riservati alla magistratura togata.
      Ci è poi sembrato di dovere prescrivere che analoghi criteri di specializzazione connotino l'ufficio del pubblico ministero.
      Opzione di fondo della presente proposta di legge è quella riguardante la possibilità di incardinare il nuovo ufficio unico giudiziario per la famiglia, il minore e la persona, di seguito denominato «tribunale per la famiglia», esclusivamente

 

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nell'ambito del tribunale ordinario, escludendo tuttavia i tribunali medio-piccoli nei quali vi sarebbe il rischio, visto il numero esiguo dell'organico, che la specializzazione dei magistrati si vanifichi, e collegando invece il nuovo ufficio giudiziario a quel circuito intermedio, peraltro già collaudato a proposito degli uffici di sorveglianza, che permetterebbe di limitare il numero a 56 in luogo dei possibili 164 nuovi tribunali per la famiglia. Questa soluzione consentirebbe di evitare la eccessiva burocratizzazione che la istituzione di un nuovo tribunale causerebbe: solo nelle procure della Repubblica presso il nuovo tribunale vi sarebbe necessità di insediare almeno un procuratore capo e due sostituti, con una moltiplicazione di incarichi e un organico eccessivo rispetto ai bacini di utenza dei tribunali minori, e con una ulteriore difficoltà per il regime transitorio da adottare, nel quale si verificherebbe il primo caso di soppressione di un ufficio (l'attuale tribunale per i minorenni, che resterebbe operante per i procedimenti pendenti, ma con un volume di affari progressivamente tendente a zero) prima che quello nuovo sia costituito e con il dilemma della destinazione al vecchio o al nuovo tribunale delle cause sopravvenute dopo la data di entrata in vigore della legge. La scelta adottata consente, ad opinione dei firmatari, di evitare tali problemi di diritto transitorio, consentendo ai preposti agli uffici, nelle more della entrata a regime delle istituende sezioni, di attribuire al personale già operante la competenza a trattare dei nuovi procedimenti.
      È in questa logica che all'articolo 1 si prevede l'istituzione del tribunale per la famiglia, nelle sedi di cui alla tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, con competenze in ambito civile per tutte le materie relative al diritto di famiglia e della persona previste dagli articoli 79 e seguenti del libro I del codice civile. Nello stesso articolo 1, al comma 4, si affronta il problema della composizione collegiale o monocratica del giudice, con una scelta volta a contemperare le esigenze di snellezza con le garanzie di specializzazione del giudice del nuovo tribunale per la famiglia. Optando per una composizione esclusivamente monocratica sparirebbe la componente laica del giudice minorile, che invece i promotori intendono mantenere e valorizzare, mentre la scelta per un giudice esclusivamente collegiale avrebbe travolto la filosofia di base della riforma del giudice unico, che buona prova di sé ha già dato in questi primi anni di applicazione.
      Conseguentemente si sono individuate determinate materie da sottoporre al giudizio monocratico, e in esse, essendo illogico ipotizzare una doppia monocraticità (togata e laica), e d'altro canto avendo esse un limitato contenuto specialistico, si è prevista la presenza del solo giudice togato.
      L'articolo 2 riguarda l'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale per la famiglia, nel senso già detto di avvalersi della professionalità di magistrati ordinari e onorari che vantino i requisiti di professionalità dettati dall'articolo 2 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, mentre l'articolo 3 istituisce le sezioni specializzate presso le corti di appello e la Corte di cassazione, competenti a decidere sulle impugnazioni proposte avverso i provvedimenti del tribunale per la famiglia.
      Nell'ambito della istituzione del nuovo tribunale per la famiglia e delle sezioni specializzate presso le corti di appello, l'articolo 4 attribuisce al Consiglio superiore della magistratura la competenza a valutare le specifiche competenze e attitudini dei magistrati da assegnare all'istituendo tribunale per la famiglia, stabilendo altresì che tali magistrati non debbano cumulare altri incarichi, salvo il caso di supplenze o di applicazioni disposte in caso di necessità non altrimenti fronteggiabili.
      L'articolo 5 indica analiticamente le materie nelle quali il tribunale per la famiglia giudica in composizione monocratica, ferma restando la composizione collegiale in tutte le materie non espressamente elencate.
 

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      L'articolo 6 chiarisce che il tribunale per la famiglia in materia penale opera sempre in composizione collegiale e che in caso di parità di opinioni all'interno del collegio prevale quella più favorevole all'imputato. Nello stesso articolo viene prevista la possibilità di disporre la riunione con procedimenti connessi relativi ad imputati maggiorenni, purché tale riunione possa non nuocere agli interessi del minore, e ciò al fine di evitare al minore la doppia esperienza: imputato nel suo processo e imputato connesso in quello dei coimputati maggiorenni.
      L'articolo 7 reca norme in materia di competenza amministrativa del tribunale per la famiglia.

      L'articolo 8 detta norme per l'individuazione della competenza territoriale dell'organo di cui all'articolo 1. Gli articoli 9 e 10 dettano le procedure da adottare innanzi all'organo in composizione monocratica e collegiale; in particolare, l'articolo 10 introduce la necessità di specializzazione del difensore d'ufficio.
      Le norme processuali che seguono assumono i princìpi del contraddittorio e dell'oralità sanciti dall'articolo 111 della Costituzione, disciplinano l'audizione del minore «capace di discernimento», e le tutele necessarie ad arginare l'invasività del processo nei confronti del minore (articoli 18 e 19).
      All'articolo 24 viene disciplinato l'istituto della mediazione, ritenuto, anche alla stregua dei più recenti orientamenti adottati in sede internazionale, strumento efficace ai fini della responsabilizzazione e della rieducazione del minorenne autore di reato.
      L'articolo 25 sostituisce l'articolo 403 del codice civile, dettando norme per l'intervento della pubblica autorità a protezione dei minori.
      Gli articoli 26 e seguenti fissano le disposizioni transitorie e finali indicando in due mesi il termine entro il quale il Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, individua gli organici delle sezioni specializzate e nel più ampio termine di duecento giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge il momento in cui cessa la operatività degli attuali tribunali per i minorenni di cui al citato regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, e avviene il trasferimento degli affari penali pendenti alle nuove sezioni specializzate del tribunale per la famiglia competente.
      Per quanto concerne, invece, i procedimenti civili pendenti alla data di entrata in vigore della legge, essi proseguono davanti all'ufficio originario, mentre le domande presentate dopo tale data sono proposte davanti al nuovo ufficio, competente ai sensi dell'articolo 1.
      L'articolo 28 disciplina il regime transitorio relativo ai magistrati appartenenti all'attuale tribunale per i minorenni, chiarendo che coloro che svolgono la propria attività all'interno di questa struttura possono, su loro domanda e con precedenza sulle altre, essere destinati, assumendo le medesime funzioni, al nuovo tribunale per la famiglia e alle nuove sezioni specializzate.
 

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